La Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte di Giustizia Ue per non aver non aver attuato correttamente la direttiva che vieta l'allevamento in batteria delle
galline ovaiole. Anche la Grecia è stata deferita alla Corte per lo stesso motivo.
Bruxelles ricorda che gli Stati membri hanno avuto 12 anni per introdurre gabbie più spaziose: la direttiva che vieta le gabbie “non modificate”, ovvero quelle dove le galline non hanno spazio per fare il nido e appollaiarsi, risale al 1999 ma in questi anni l'Italia non ha introdotto questa norma nel suo ordinamento.
In base alle norme Ue,
dal primo gennaio 2012 tutte le galline ovaiole hanno diritto a maggiore
spazio per fare il nido, razzolare e appollaiarsi. In base al divieto sono consentiti esclusivamente allevamenti con sistemi alternativi alle gabbie e l’allevamento nelle gabbie modificate o cosiddette 'arricchite'.
Le
gabbie, dunque, possono continuare ad esistere, ma soltanto se offrono a ciascuna gallina una superficie pari a 750 centimetri quadrati, lettiere, posatoi e dispositivi per accorciare le unghie.
Il 26 gennaio 2013 la
Commissione Ue ha inviato un ultimatum a Roma e ad Atene chiedendo ai due Paesi di mettersi in regola, insieme ad altri 11 Stati membri.
Dei 13 Stati membri che hanno ricevuto la comunicazione, sono solo Italia e Grecia a non aver ancora provveduto ad attuare la normativa europea.
Malgrado i ripetuti
appelli delle autorità europee ai due Paesi perché affrontino il problema, finora la legge europea non è stata ancora applicata. Da qui, dunque, la decisione finale di ricorrere alla Corte di giustizia europea.