Pubblichiamo il comunicato stampa della campagna abiti puliti con un po' di amaro in bocca. L'unica cosa che noi consumatori possiamo fare è essere informati e consapevoli dei nostri acquisti.
E' semplice, non comprare jeans effetto usato, schiarito, in qualsiasi negozio e sopratutto quello delle catene sottomenzionate. A noi consumatori la scelta non implica la vita o la morte, è soltanto moda, fashion per altri significa ammalarsi gravemente.
Questa è l'attrezzatura che bisogna indossare per eseguire l'operazione di sandblasting (sabbiatura)
Questi sono gli operai senza abbigliamento protettivo mentre sbiancano i jeans
Inchiesta svolta in 7
fabbriche bengalesi : la sabbiatura abolita solo a parole
Ginevra 29/03/2012.
Dopo la condanna ufficiale del sandblasting come tecnica di
schiaritura dei jeans da parte di molti marchi internazionali del mondo della
moda, la Campagna Abiti Puliti ha deciso di verificare sul campo le
parole delle imprese, mandando alcuni ricercatori dell’AMRF in 7
fabbriche bengalesi per intervistare 73 lavoratori, di cui oltre la
metà addetti alla sabbiatura.
I risultati dell’inchiesta (scarica
il rapporto in italiano) sono allarmanti: in nessuno dei 7 stabilimenti la
sabbiatura è stata definitivamente abolita, qualunque siano state le
istruzioni dei committenti, e spesso viene eseguita di notte in modo da
non dare nell’occhio. I principali marchi identificati sono H&M,
Levi’s, C&A, D&G, Esprit, Lee, Zara e Diesel, la totalità dei
quali, ad eccezione di Dolce e Gabbana che ha sempre rifiutato di fornire
informazioni sulle sue tecniche produttive, sostiene di avere abolito l’uso
della sabbiatura nelle proprie filiere internazionali.
I comunicati stampa ufficiali non bastano, servono le azioni
concrete che finora nessun marchio ha ancora messo in campo: le
ispezioni sono rare e solo in queste occasioni gli addetti vengono
muniti di dispositivi di sicurezza individuale; per il resto del tempo si
opera senza precauzioni in ambienti saturi di polveri ad alto tenore
di silice. Persino l’adozione del più semplice dei mezzi preventivi, l’uso
di sabbia importata a basso contenuto di silice, viene totalmente omessa
nella maggior parte delle fabbriche. In alcuni stabilimenti si è passato dalla
sabbiatura manuale a quella meccanica, ma, essendo effettuata in ambienti
aperti e in assenza di dispositivi di sicurezza adeguati, il livello di
pericolosità è rimasto identico. Nessun tipo di formazione per
i lavoratori e, soprattutto, per i medici, è stata realizzata,
precludendo la possibilità di cure tempestive in caso di malattia. Il quadro si
chiude con esempi evidenti di conflitti di interesse di
aziende di abbigliamento facenti parte di gruppi che controllano organi di
informazione e strutture sanitarie.
“La situazione è molto grave” dichiara Deborah Lucchetti
della Campagna Abiti Puliti, “ al contrario di quanto sostengono pubblicamente,
i marchi non sono disposti a modificare lo stile dei loro prodotti o a
modificare i tempi e costi di produzione per permettere ai fornitori di
adottare metodi alternativi che comportano lavorazioni più sicure, con il
risultato di continuare a incentivare l’uso, clandestino o alla luce del sole,
della sabbiatura.” “Ormai è noto da anni il rischio professionale di
contrarre la silicosi per migliaia di lavoratori tessili ” continua Lucchetti,
“ le imprese devono fare di più per eliminare definitivamente l’uso della
tecnica potenzialmente fatale”
A questo punto la Campagna Abiti Puliti chiede ai marchi di rendere
conto pubblicamente di questa contraddizione, di fronte ad una
campagna che ha visto nel corso dei mesi aumentare il sostegno di consumatori
consapevoli e attenti alla sostenibilità dei prodotti che acquistano. Inoltre
chiede che:
- I marchi mettano in atto adeguati meccanismi di monitoraggio per accertare l’effettiva cessazione dei trattamenti con sabbiatura in collaborazione con le organizzazioni sindacali locali/di fabbrica e le organizzazioni non governative in Bangladesh e in ogni paese dal quale si riforniscono; modifichino il design dei prodotti per eliminare all’origine la possibilità di utilizzo della sabbiatura;
- I marchi collaborino con i propri fornitori affinché tutti i lavoratori che sono stati esposti a polveri di silice, per qualunque tipo di mansione, siano sottoposti a sorveglianza sanitaria e a diagnosi precoce, provvedendo a fornire cure mediche e indennizzi a coloro che risultano aver già contratto la silicosi;
- I governi adottino misure di legge che vietino la sabbiatura sul proprio territorio e assistano coloro che hanno già contratto la silicosi;
- l’Unione Europea metta in atto misure per vietare l’importazione di jeans sabbiati;
- l’Organizzazione internazionale del Lavoro e l’Organizzazione Mondiale della Sanità inseriscano la filiera del jeans nei programmi volti a sradicare la silicosi a livello mondiale, istituiscano un programma specifico per il Bangladesh e istruiscano indagini volte a cancellare definitivamente questo tipo di lavorazione anche all’interno dei confini europei.
I risultati dell’inchiesta presentata in questo rapporto
evidenziano che non è sufficiente limitarsi al semplice annuncio della messa al
bando dei trattamenti incriminati. Al contrario, i marchi devono
dimostrare che producono capi in tessuto denim solo in siti produttivi che non
fanno ricorso a nessun tipo di sabbiatura, anche attraverso test
specifici che finora nessuno di loro ha ancora effettuato.
Per approfondimenti www.abitipuliti.org
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