Il gigante europeo del tonno in scatola, Bolton Alimentari - proprietario del   marchio Riomare - ha aperto il 2012 con un comunicato stampa molto ambiguo sui reali obiettivi dell’azienda in campo ambientale. “L’azienda sta lavorando per raggiungere il 100% di tonno proveniente da pesca sostenibile entro il 2017”. Ma che cosa significa?

La comunicazione ufficiale di Bolton, sembra studiata per prendere due piccioni con una fava:
1. convincere Greenpeace delle sue buone intenzioni;
2. comunicare ai consumatori che raggiungerà il 100% della sostenibilità in tutta la filiera.

Ma che cosa si intende per “tonno 100% sostenibile al 2017”?Quale promessa sta facendo “il tonno che si taglia con un grissino” per garantire la sostenibilità dei propri prodotti? Nel suo comunicato Bolton non lo spiega mai. Sorge spontaneo il dubbio che, nonostante i grandi proclami, l’azienda abbia in realtà difficoltà nell’adottare un chiaro impegno sull’uso solo di metodi di pesca responsabili.
La campagna "Rompiscatole"
Facciamo un passo indietro.Greenpeace sta portando avanti una campagna per eliminare a livello globale i metodi di pesca al tonno distruttivi come i FAD, promuovere quelli sostenibili come la pesca con canna  (pole and line), e proteggere gli oceani, incluso il Pacifico, dove si pesca circa il 70% del tonno mondiale.



A poco più di un anno dalla pubblicazione della classifica “Rompiscatole” di Greenpeace sulla sostenibilità delle scatolette di tonno presenti sul mercato italiano e dopo una forte campagna per spingere le compagnie ad adottare precisi criteri di sostenibilità, a maggio 2011 Riomare pubblica per la prima volta una politica aziendale scritta. Nel documento, l’azienda prende impegni importanti a sostegno della creazione di riserve marine in alto mare e inizia a muoversi nella giusta direzione per quanto riguarda i metodi di pesca, impegnandosi a portare “entro il 2013, al 45% l’utilizzo di tonno proveniente da pesca più sostenibile quale il metodo del Pole and Line (pesca con canna), FAD free (senza utilizzo di FAD) o free schools (pesca di branchi liberi nell’Oceano)”.

Un primo passo, ma sappiamo che si può fare molto di più. Nel Regno Unito, ad esempio, grazie alla campagna di Greenpeace il 100% del tonno in scatola di marchi come Princes e Jhon West viene pescato con metodi di pesca sostenibili. Per Bolton non ci sono scuse. Se la compagnia vuole davvero avere una “Qualità responsabile”(come afferma nel logo che adesso appare su tutti i loro prodotti) deve raggiungere il 100%, non esiste una sostenibilità a metà.

Impegno o greenwashing?
Riportiamo per intero la dichiarazione presente nel comunicato di Bolton: “l’azienda sta lavorando per raggiungere il 100% di tonno proveniente da pesca sostenibile entro il 2017, come naturale evoluzione dell’obiettivo del 45% entro il 2013, reso pubblico ad Aprile 2011 sul primo report Qualità Responsabile”. Mettendo in relazione la “sostenibilità al 100%” con l’accordo del 45% – che sappiamo essere un impegno reale verso la pesca con canna e i metodi FAD free – appare chiaro che Bolton stia cercando di dare l’impressione che il 100% sia anch’esso legato a tali metodi di pesca, in linea con le richieste di Greenpeace.  Ma se così fosse, perché Riomare non è più esplicito come nella politica pubblicata a maggio?

Secondo quali criteri il tonno Riomare sarà 100% sostenibile al 2017? Senza questi dettagli, la comunicazione di Bolton è priva di significato e, nella peggiore delle ipotesi, un modo costruito ad arte per rassicurare i consumatori.

Bolton, la domanda che ti rivolgiamo è semplice:
Il 100% di sostenibilità al 2017 si riferisce davvero a utilizzare solo metodi di pesca sostenibili, quali la pesca con canna e senza l’utilizzo di FAD, come chiede Greenpeace?

  Giorgia Monti,
  responsabile campagna Mare di Greenpeace Italia