08 settembre 2011
«Nell'ambito di una dieta equilibrata, il latte di crescita per
bambini tra uno e tre anni è superfluo». È netto e senza appello il
giudizio sul latte di crescita per l'infanzia dell'Istituto tedesco per
la valutazione del rischio, BfR, un ente governativo che si occupa di
sicurezza degli alimenti, espresso con una nota poche settimane fa.
Stiamo
parlando di un prodotto - ce ne sono di diverse marche - pensato
espressamente per i bambini di età compresa tra uno e tre anni:
piccoli già svezzati, che hanno ormai abbandonato il latte materno o
quello artificiale per lattanti, ma che, secondo alcuni, non sarebbero
ancora pronti per il latte vaccino. I due alimenti - latte di mucca e
latte di crescita - si differenziano per alcune caratteristiche
specifiche: il secondo contiene meno grassi e soprattutto meno proteine
mentre ed è più ricco di particolari micronutrienti come vitamine e
minerali (come ferro e zinco). Due aspetti che conferirebbero alcuni
vantaggi ben precisi: alcuni studi sembrano indicare una correlazione
tra l'alto contenuto di proteine nell'alimentazione della prima infanzia
e lo sviluppo di obesità negli anni successivi, in questo ambito il
ridotto apporto di proteine del latte di crescita potrebbe prevenire
questo rischio. L'altro aspetto riguarderebbe il maggior contenuto di
ferro in grado di prevenire il rischio di carenza, eventualmente
ipotizzabile nel caso di un'alimentazione a base di latte di mucca.
Questa è la posizione di alcuni nutrizionisti e, naturalmente, dei
produttori.
Per il BfR, però, qualcosa non torna. Per esempio:
«Al momento», si legge nella nota, «non ci sono prove scientifiche
definitive che mostrino come una riduzione dell'apporto proteico nei
primissimi anni si accompagni davvero a un rischio minore di obesità».
Un'altra preoccupazione dell'ente tedesco riguarda l'arricchimento dei
latti di crescita in vitamine e minerali: c'è la possibilità di
assumerne troppi, a discapito magari di altri micronutrienti presenti in
maggior quantità nel latte vaccino. Insomma, conclude il presidente di
BfR, Andreas Hensel: «Da un punto di vista nutrizionale e fisiologico il
latte di crescita non è necessario. Meglio puntare sul latte di mucca
scremato, in modo che contenga meno grassi».
Una
posizione netta, dicevamo, che trova sostanzialmente d'accordo anche
Claudia Carletti, nutrizionista presso l'Irccs materno-infantile Burlo
Garofalo di Trieste. «I latti di crescita sono alimenti
inesistenti in natura, troppo ricchi di zuccheri e per di più
caratterizzati dall'aggiunta di aromi come vaniglia e cioccolato».
L'esperta raccomanda dunque il latte di mucca ma, a differenza di
Hensel, parla espressamente di latte intero, «meglio se fresco e di alta
qualità: i bambini hanno bisogno anche di grassi». Viene spontaneo
chiederle come la mettiamo con l'eccesso di proteine e Carletti risponde
così: «Se la dieta è varia ed equilibrata il problema non si pone.
Certo, bisogna stare attenti a che cosa si dà ai bambini: se li si
riempie di formaggio stagionato, tipo grana o parmigiano, che hanno un
contenuto proteico molto elevato, il rischio di esagerare con le
proteine c'è, anche se magari si è scelto un latte di crescita. Non
dimentichiamo, però, che gli stessi bambini ci danno una mano: non
dobbiamo sottovalutare la loro capacità di autoregolarsi. Se bevono un
bel bicchiere di latte fresco, magari al pasto successivo mangeranno un
po' meno carne e nel complesso l'equilibrio sarà mantenuto».
Un po' più sfumata e possibilista, invece, la posizione della Società italiana di pediatria
(Sip) a cui abbiamo chiesto un commento. Ce lo ha fornito Mario De
Curtis, ordinario di pediatria all'Università di Roma-Sapienza,
direttore dell'Unità operativa di neonatologia, patologia e terapia
intensiva neonatale al Policlinico Umberto I e presidente della
Commissione alimenti per l'infanzia della Sip. Tanto per cominciare, De
Curtis sottolinea quanto sia difficile arrivare a conclusioni
definitive su questioni che riguardano l'alimentazione infantile:
«È molto complesso condurre studi clinici appropriati nelle prime
epoche della vita. Per questo, il solo mezzo davvero utile a
disposizione per valutare rischi e benefici di latte vaccino e latti di
crescita è considerare gli apporti nutrizionali di ciascuno rispetto a
quelli consigliati per questo periodo di vita».
Detto questo, però, va fatta un'altra e importante precisazione: il
fatto che la dieta di un bambino sia caratterizzata da apporti
nutrizionali inferiori a quelli consigliati non significa
automaticamente che la salute del piccolo sarà compromessa. Anche perché
«non si conosce al di sotto di quali livelli di apporti nutrizionali si
possa avere certamente un rischio per la salute».
E dunque, che fare?
Secondo De Curtis, le carenze del latte vaccino si possono compensare
integrando con altri prodotti come oli vegetali, frutta fresca e agrumi
(ma tenendo presente che può essere più difficile compensare la carenza
di ferro). Per quanto riguarda i latti di crescita, invece, la sua
opinione è che siano appropriati per coprire le necessità nutrizionali
dei bambini di uno-tre anni. Ricorda però che «non è mai stato
dimostrato che le loro particolarità qualitative e quantitative possano
indurre un beneficio alla salute». Insomma, si possono usare, ma non è
detto che facciano davvero meglio di altre soluzioni (a meno che non ci
siano già a priori nel bambino rischi di carenze nutritive specifiche).
Concludendo:
se per l'alimentazione del bambino fino all'anno di età sono tutti
d'accordo - latte materno se possibile fino ad almeno sei mesi e poi
formule artificiali, mai il latte di mucca - dopo l'anno la situazione
si fa un po' meno certa.
E voi lettori, come vi regolate con i vostri bambini? Che tipo di latte utilizzate? Raccontateci le vostre esperienze.
di Valentina Murelli su www.ilfattoalimentare.it
In allegato: il commento completo di Mario De Curtis, presidente
della Commissione alimenti per l'infanzia della Società italiana di
pediatria
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