mercoledì 21 dicembre 2011

Censurata la pubblicità di Ferrarelle dal Giurì. Nuovo caso di greenwashing, la bottiglia non è a impatto zero

Roberto La Pira venerdì 29 aprile 2011www.ilfattoalimentare.it
 
Le bottiglie di acqua minerale Ferrarelle non sono a “impatto zero” come dice la pubblicità sull’etichetta. E’ questa in sintesi la sentenza del Giurì dell’autodisciplina pubblicitaria, che accusa la società di avere utilizzato diciture ingannevoli sull’involucro di plastica usato per avvolgere le tipiche confezioni da 6 bottiglie.
Le scritte sotto accusa sono “Impatto zero, e una seconda frase riportata in caratteri tipografici molto più piccoli, dove si dice  che Ferrarelle "compensa la CO2, emessa nell’atmosfera  per produrre questa bottiglia  di  acqua con la creazione e la tutela di nuove foreste“. Il motivo è presto detto. Ferrarelle ha ottenuto da Lifegate la possibilità di usare per due mesi il marchio “Impatto zero” su circa 26 milioni di bottiglie di plastica (*).

Per avere il marchio la società ha versato una somma destinata a riforestare un’ampia area boschiva, in modo da compensare le emissioni di anidride carbonica collegate alla produzione delle bottiglie. 


Per il Giurì la frase “impatto zero” sull' involucro di plastica risulta ingannevole perché lascia intendere al consumatore che la produzione di minerale è interamente compensata, e questo non è vero. La riforestazione si riferisce solo alla quantità di emissioni di anidride carbonica relative alle bottiglie, per cui restano fuori le altre emissioni inquinanti collegate al processo produttivo. Il Giurì ha deciso la censura del messaggio e l‘adeguamento della sentenza entro 120 giorni. In realtà per quella data le bottiglie saranno già state vendute e il danno per Ferrarelle sarà marginale.

La vicenda Ferrarelle solleva per l’ennesima volta la questione del Greenwashing, ovvero  la scelta delle aziende di evidenziare nei messaggi pubblicitari aspetti ecologici inesistenti o scorretti per accattivarsi le simpatie dei consumatori. Basta sfogliare un giornale per rendersi conto di quanto sia in ascesa il tema green in tutti i settori e di quanto siano poco efficaci gli strumenti di controllo.

Per dovere di cronaca vale la pena ricordare la prima censura per Greenwashing  decisa nel dicembre 2009 dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato contro l’acqua minerale San Benedetto.
 La società allora ha dovuto pagare 70 mila € per avere presentato la propria bottiglia di plastica come “amica dell’ambiente”. San Benedetto idiceva che i suoi contenitori classificati come
eco friendly”, hanno permesso di ridurre almeno del 30% la quantità di plastica impiegata e quindi di contenere il consumo di energia” precisando che “..dal 1983 la plastica è diminuita del 58% per il mezzo litro, del  32% per il contenitore da 1,5 litri e del  43% per  quello da  2,0 litri ”.

In realtà San Benedetto non ha mai effettuato studi per dimostrare la veridicità di queste affermazioni e comunque i dati sulla riduzione della plastica nelle  bottiglie negli ultimi 13 anni non sono veritieri. Pressappochismo? Ingenuità? O voglia di indossare i panni dell’imprenditore amico dell’ambiente per vendere più acqua minerale? Chissà. Una cosa è certa, per due anni la formula eco friendly di San Benedetto ha funzionato e la pubblicità ha  convinto  i consumatori, perché  la censura del messaggio è stata del tutto ignorata dai media.
Probabilmente anche la decisione presa del Giurì contro Ferrarelle in questi giorni finirà nel dimenticatoio, visto che ancora nessun sito  ha ripreso la notizia. Il paradosso è che anche se c’è stato inganno, come è successo per San Benedetto, l’immagine dell’acqua minerale Ferrarelle un p'  “ecologica” rimarrà nell’immaginario dei consumatori e questa è davvero una beffa.


(*)  26 milioni di bottiglie da 1,5 litri a “impatto zero”, rappresentano una percentuale ridicola se confrontata con  i 900 milioni di litri che Fearrarelle produce ogni anno e con i 10 miliardi di litri di acqua minerale di tutte le marche bevute ogni anno dagli  italiani.

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