venerdì 8 luglio 2011

Tempi bui per gli avvocati in Cina. La repressione si intensifica, denuncia un rapporto di Amnesty International

1 luglio 2011
Secondo un rapporto diffuso oggi a Hong Kong da Amnesty International, il governo cinese sta applicando una serie di misure per mettere sotto controllo la professione legale e ridurre al silenzio gli avvocati che si occupano di diritti umani. Questi provvedimenti repressivi, in atto da due anni, si sono intensificati negli ultimi mesi.

"Gli avvocati che si occupano di diritti umani sono sottoposti a un crescendo di tattiche del silenzio, dalla sospensione o revoca della licenza fino alle minacce, alle sparizioni forzate e addirittura alla tortura" - ha dichiarato Catherine Baber, vicedirettrice del Programma Asia e Pacifico di Amnesty International.

A partire da febbraio, il timore di una "rivoluzione dei gelsomini" ispirata alla Primavera araba, ha spinto il governo ad arrestare decine di oppositori e attivisti, compresi quelli che agiscono online. Le autorità hanno effettuato retate di avvocati che si occupano di cause relative alla libertà di religione, alla libertà di espressione e ai diritti sulla terra.


"Il governo cinese sta cercando di adattare e manipolare le leggi per stroncare chi ritiene costituire una minaccia" - ha accusato Baber. "Gli avvocati per i diritti umani sono nel mirino delle autorità perché cercano di usare le leggi per proteggere i cittadini contro gli abusi compiuti dallo stato. Chiediamo al governo di rilasciare tutti coloro che sono stati arrestati o fatti sparire per aver esercitato o persino per aver protetto i diritti fondamentali".

Coloro che esercitano la professione legale devono sottoporsi a una "valutazione annuale" che molti ritengono non abbia alcun fondamento legislativo. Le autorità locali esaminano gli studi legali, mentre i singoli avvocati sono valutati da presunti Ordini indipendenti. Gli avvocati che si arrischiano a occuparsi di cause sensibili, come quelle che hanno a che fare coi diritti umani, spesso non superano l'esame e si vedono sospendere o revocare la licenza.

Quando la "valutazione annuale" e le minacce non li fermano, gli avvocati sono messi a tacere attraverso violazioni degli standard internazionali sui diritti umani e delle stesse leggi cinesi. A causa delle pressioni, delle intimidazioni e delle persecuzioni, il loro numero si è ridotto: su oltre 204.000 avvocati, solo poche centinaia osano occuparsi di diritti umani.

Nuove disposizioni introdotte negli ultimi due anni impediscono agli avvocati di difendere determinati clienti, di commentare pubblicamente i processi o di contestare i procedimenti giudiziari. Le autorità hanno anche ampliato le basi legali del reato di "incitamento alla sovversione", per il mero svolgimento di una difesa legale.

Queste misure hanno reso più difficile assumere un difensore per chi ne ha maggiore bisogno, come le persone imputate per appartenenza a gruppi religiosi non riconosciuti (tra cui la Falun Gong), i manifestanti tibetani e uiguri, le vittime di sgomberi forzati o coloro che contestano l'operato del governo in occasione di disastri naturali o in merito alla sicurezza alimentare.

Sono soprattutto le vittime di tortura e di detenzione illegale a pagare le conseguenze di una difesa inadeguata, come molti imputati condannati a morte, prevalentemente sulla base di confessioni estorte con la tortura.

"Se gli avvocati hanno paura di occuparsi di 'casi sensibili', specialmente quando si tratta di abusi da parte di pubblici ufficiali, allora è l'intero popolo cinese a non poter fare affidamento sulla legge per ottenere un risarcimento e sono, invece, le autorità a beneficiarne, potendo continuare ad agire nell'impunità. Questa repressione, alla fine, non potrà far altro che minare la fiducia della gente nei suoi dirigenti" - ha commentato Baber.



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